“Il
paradosso della nave di Teseo".
Una teoria da wikipedia:
Esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole, se un tutto unico rimane davvero se stesso (oppure no) dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi pezzi componenti sono cambiati (con altri uguali o simili).
Esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole, se un tutto unico rimane davvero se stesso (oppure no) dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi pezzi componenti sono cambiati (con altri uguali o simili).
Si
narra che la nave in legno sulla quale viaggiò il mitico eroe greco
Teseo fosse conservata intatta nel corso degli anni, sostituendone le
parti che via via si deterioravano. Giunse quindi un momento in cui
tutte le parti usate in origine per costruirla erano state
sostituite, benché la nave stessa conservasse esattamente la sua
forma originaria.
Ragionando
su tale situazione (la nave è stata completamente sostituita, ma
allo stesso tempo la nave è rimasta la nave di Teseo), la questione
che ci si può porre è: la nave di Teseo si è conservata oppure no?
Ovvero: l'entità (la nave), modificata nella sostanza ma senza
variazioni nella forma, è ancora proprio la stessa entità? O le
somiglia soltanto?
Tale
questione si può facilmente applicare a innumerevoli altri casi; per
esempio alla scrupolosa conservazione di alcuni antichi templi
giapponesi (anch'essi principalmente in legno, come la nave di
Teseo), per i quali ci si può domandare se siano ancora templi
originali.
Si
può anche rivolgere il paradosso riguardo all'identità della nostra
stessa persona, che nel corso degli anni cambia ampiamente, sia nella
sostanza che la compone sia nella sua forma, ma nonostante ciò
sembra rimanere quella stessa persona.”
Un'anticipazione sommaria, molto sommaria, del libro......se volete saltatela.
….........un
personaggio misterioso, di nome S., arriva in una città senza nome e,
mentre parla con una donna, che sta leggendo un misterioso libro, viene
rapito da alcuni marinai. Essi, scoprirà, sono forzatamente muti per via
d'una cucitura che ne serra le labbra. Quindi viene imbarcato a forza
su di un lugubre e vetusto veliero
La
nave su cui viene tenuto prigioniero è governata da un dispotico
comandante, l'unico a parlare sull'imbarcazione. Di tanto in tanto
biascica in uno strano dialetto, che può sembrare portoghese come slavo o
altro idioma, mentre l'equipaggio comunica tramite l'uso di fischietti
coordinandosi nei compiti in modo sovrannaturale. Di tanto in tanto
spariscono nel ventre del natante per compiti misteriosi.
Il
veliero naviga per svariate settimane e dopo un fallito tentativo di
fuga da parte di S. il natante viene colpito da una potente tempesta. S.
viene scagliato in mare e con fatica nuota sino alla banchina d'un
altro porto nella città di B.
In
città vi è uno sciopero d'operai contro i licenziamenti messi in atto
dalla direzione e il rapimento di tre compagni da parte delle squadracce
di detective al soldo d'un magnate degli armamenti. Questi operai
indagavano sulla costruzione d'una nuova ala della fabbrica nella quale
venivano prodotti manufatti di ignota natura.
S.
si ritrova tra i tumulti, fa conoscenza dei capi degli scioperanti e
nella confusione sembra riconoscere Sola, la donna incontrata nella
taverna della precedente città. Durante il suo inseguimento si trova a
scoprire un piano ordito dai detective per far esplodere una bomba
accanto ai manifestanti ed ai poliziotti, cosa che poi avviene
vanificando il tentativo di S. d'avvertire i capi degli scioperanti.
Si
risveglia, a seguito dell'attentato, nella casa d'un rappresentante
degli operai. Nell'abitazione vi sono altri sindacalisti che discutono
degli avvenimenti commentando i titoli in grassetto d'un giornale locale
che denuncia l'attentato, in cui vi sono stati 58 morti, come atto
odioso degli anarchici e dei loro simpatizzanti di sinistra. A seguito
decidono di fuggire e, con un diversivo ideato da uno di loro,
singolarmente escono e s'incamminano verso una montagna.
S.
è accompagnato dalla compagna del capo dei rivoltosi. Si ritrovano con
gli altri al limitare d'un bosco e proseguono tutti nella fuga. Con
passo incerto s'inerpicano e giungono in un luogo adibito a sito di
sperimentazioni delle armi della fabbrica in sciopero.
S. ed un compagno rimangono ustionati dai residui di quei esperimenti.
All'improvviso in lontananza ecco profilarsi le ombre dei detective inseguitori.
La marcia si fa più faticosa, giungono ad una grotta dove cercano di risposare.
S.
si sveglia di soprassalto, si ricorda d'aver lasciato la valigia d'un
compagno ferito in fondo alla scarpata sotto la grotta e non vede due
dei suoi compagni. Esce e ne vede uno che confabula in lontananza con i
detective, mentre l'altro, nel tentativo di fermarli si fa ammazzare.
Anche chi era riuscito ad instaurare un dialogo lo segue da li a poco
nell'ade.
I
tre superstiti cominciano la discesa delle caverne, uno si arrende a
causa della ferita inferta dal residuo di esperimento bellico e cerca di
fermare i detective con lo scopo di lasciare il tempo a S. ed alla
donna di fuggire. Questi giungono sulla cima d'una scogliera e si
tuffano tra le onde seguiti dai proiettili dei detective. Nella caduta
la donna viene uccisa.
S.
riesce a fuggire e viene ripescato dalla nave che presumeva affondata a
causa della tempesta e si ritrova nella cabina dove era stato rinchiuso
la volta precedente. Si ritrova a scrivere cose che non pensa con un
chiodo trovato a terra. Il piede è misteriosamente guarito senza una
cicatrice: ma quanto tempo è rimasto a riposo senza accorgersene? Il
tempo sembra avere un altro corso sulla nave.
Una
sera, attratto dai rumori ritmici d'un rito sottocoperta, s'avvia ad
esplorare cosa sta avvenendo. E li scopre i marinai intenti ad assistere
all'iniziazione del marinaio, salvato nella precedente navigazione, che
consiste nella cucitura delle labbra. Un atto sanguinoso.
Nei
giorni a venire riesce a convincere il capitano a farlo scendere al
prossimo porto, il quale accetta non senza rilasciare criptici
avvertimenti.
S.
è giunto in una località del nord-Africa e li incontra un uomo che, con
circospezione, lo conduce attraverso i vicoli della cittadina sino a
giungere ad un magazzino. Li i cittadini cercano affannosamente di
mettere in salvo opere d'arte e manoscritti da un imminente
bombardamento (2^ guerra mondiale?). Ad S. viene consegnata una valigia,
la stessa che aveva lasciato in fondo alla scarpata nella fuga
precedente, sembra molto usurata come se fossero passati degli anni e
non pochi giorni dagli avvenimenti nella cittadina degli scioperanti.
La
prende e, mentre le bombe cadono a grappolo sulla cittadina, fugge
verso il porto accompagnato sempre dall'uomo che lo aveva guidato sin
lì. Questo viene ucciso in un agguato dove la valigia si apre rivelando
il suo contenuto. S. riesce a fuggire dalla trappola e, recuperata la
valigia, riesce a rientrare sulla nave.
Una
volta in cabina controlla il contenuto della valigia: foto sfuocate di
persone che non conosce tranne uno che aveva visto tra coloro che
stavano ordendo l'attentato contro gli scioperanti, le fiale contengono
delle sostanze velenifere, i fogli ulteriori enigmi. Dopo un po esce
dalla cabina e si avvia verso la cabina del comandante, non senza aver
prima notato l'esiguità dell'equipaggio diminuito nel numero dalla
precedente volta. Entrato in cabina, vede il comandante che visiona
strane mappe che si arrossano per zone. Ritorna in cabina, s'addormenta e
sogna di Sola. Sbalzato dal sonno causa una repentina frenata della
nave, S. giunge sul ponte e vede innanzi a se un'isola di rocce
taglienti nere con al centro un rialzo vulcanico. Un porticciolo termina
innanzi ad un grande magazzino dove i marinai scaricano delle casse
assommandole a quelle già presenti. S. s'avvia verso la sommità del
vulcano dove trova una fatiscente casa solitaria. In essa una signora
orribilmente sfigurata parla con lui. Interloquisce sui doveri di S. il
quale ribadisce di non conoscerli in quanto non ha memoria di se stesso.
Al termine del colloquio scompare come se mai fosse esistita, o era un
fantasma della memoria di S.
Esce
dalla stanza e si precipita, ammaccandosi non poco, verso la nave per
poter vedere cosa contiene la parte bassa del natante. Giuntovi vi trova
fogli per scrivere su di un tavolo e tomi tutt'attorno, tra i quali uno
con sopra la “S”, mentre sta tentando di stendere dei pensieri il
comandante ed i marinai arrivano sottocoperta e lo prendono per cucire
anche a lui le labbra.
Successivamente
S. capisce qual'è lo scopo della valigia in suo possesso ed inizia ad
uccidere gli agenti di Vèvoda che danno la caccia a lui ed alla nave. Un
vascello, sempre più misterioso, dove il tempo sembra avere un suo
corso personale distaccato dal contesto naturale del resto del pianeta.
Il
comandante ricorda lui le varie missioni sino al giungere
dell'obbiettivo presso una zona mineraria denominata il Territorio dove
deve uccidere il direttore della miniera.
Accompagnato
in canoa da due nativi con il loro figlio e occultato alla vista
altrui, S. arriva presso l'abitazione del suo obbiettivo e lo colpisce
con un dardo avvelenato. S. nota che il direttore non è altri che colui
che era stato ucciso nella grotta durante la sua fuga da B. Ma molto più
vecchio.
Rientrato
sulla canoa, nota che i due nativi sono morti ed il bambino della
coppia è scomparso, vi sale e si dirige verso il mare. Giunto lì vede
che la nave su cui ha passato gli ultimi decenni di vita è stata
distrutta dalle armi di Vèvoda.
Perde
conoscenza e si ritrova in una cittadina immersa nel gelo dove da
diverso tempo stende i propri pensieri nelle parti non scritte d'un
giornale locale. Esce per acquistare una copia e riceve un invito a
presentarsi presso un'abitazione di quel paese ghiacciato. A fatica
intraprende la marcia verso la casa dove vi trova Sola e la sua vecchia
valigia: deve concludere la propria missione.
A
fatica si avviano verso la banchisa dove si trova la Nave ancor più
irriconoscibile e precaria di quanto l'aveva lasciata prima che fosse
distrutta. Ormai ogni pezzo è stato sostituito con un altro precario.
L'equipaggio, S. e Sola si dirigono verso la residenza di Vèvoda.
Lasciano la nave all'interno d'una grande caverna e, aiutati dalla
servitù, entrano nel complesso travestendosi da camerieri. S. ha il
compito d'avvelenare il famoso vino del magnate, che è simile
all'inchiostro e macchia la lingua. All'ultimo momento decide di mettere
nel bicchiere destinato all'unico figlio un elisir della verità. Con
uno stratagemma riesce a convincere l'erede a bere il vino drogato.
Questi deve tenere un discorso rivolto a tutti i compratori di armi,
dittatori, tiranni e despoti d'ogni genere li riuniti. Il discorso
scritto dal padre viene lasciato stare e al suo posto pronuncia una
serie di invettive nei confronti degli ospiti, spiattellandoli la verità
del loro mondo. S. si appresta a raggiungere il padre nelle cantine,
quando sente un colpo di pistola e li capisce che la stirpe Vèvoda è
finita. Gli ospiti lo hanno abbattuto innorriditi dalla schiettezza
delle sue parole.
Il
padre si trova in compagnia d'altri magnati nell'ultimo piano della
cantina, quando una scimmia comincia ad aprire tutte le botti facendo
fuoriuscire lo strano vino inchiostrato. S. e Sola incontrano il
magnate, ma quest'ultima non riesce ad accendere un accendino in modo da
incendiare ed uccidere tutti in quanto lo sguardo di S. la distoglie
dall'intento. Il vecchio Vèvoda, che aveva impugnato un'arma, si vede
sconfitto e risale per capire le sorti del proprio impero. S. e Sola,
riprendono il mare verso altri lidi.
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